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Alexandra Maya Luck

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view post Posted on 27/6/2011, 02:31
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« Thos: cugina di Thor, parente di Pdor figlio di Kmer. »

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Nome: Alexandra. ... Alexandra e basta. ... Giuro che se non la piantate con questa vostra dannatissima curiosità divento volgare. E va bene. Datevi una calmata! Mi chiamo Alexandra, nonché Maya. Sai che bel nome. E dire che Alexandra bastava ed avanzava. No. Pure Maya mi dovevano appioppare i miei genitori. Pace alle anime loro. Non posso dire altro. Soprannomi ne ho fin troppi. Mio cugino mi chiamava Al, mio fratello Alex, mentre mio padre Maya. Lui era l'unico che aveva il permesso di chiamarmi con quel nome che sopporto a mala pena, seppur sia un presagio di morte quanto la fine del mondo.

Cognome: Luck. Letteralemente significa fortuna. Seh. Come se la mia famiglia sia stata fortunata. Come minimo sono tutti morti ed io sono l'unica supersite. Sai che fortuna.

Età: quanti anni mi dareste? Su, apriamo le scommesse. Non osate dire che sono minorenne. Se osate farlo giuro che vi sparo in fronte. Ho ben 23 anni dato che sono nata il 31 ottobre 1987.

Professione: per pagarmi da vivere e, soprattutto, per mantenere la mia adorata Harley, faccio la cameriera in un pub squallido in questa cittadina, seppur io, in realtà, non centri nulla con boccali, cicchetti ed happyhour. Infatti sono un hunter che vuole vendetta. Non mi sembra così difficile da ponderare come cosa, mi pare. Conoscendo la mia storia, poi, capirete anche il motivo di questa mia vendetta recondita.

Aspetto Fisico: sono bassina, lo ammetto subito per evitare le solite battutine ignobili a riguardo. Non le sopporto proprio. Fisico fin troppo slanciato per una ragazza come la sottoscritta che ripudia totalmente ogni tipo di esercizio fisico, sempre che ciò non sia connesso al mio secondo lavoro. Ok, scendo maggiormente nei dettagli altrimenti non ci capirete proprio nulla. Ho un fisico atletico e ben calibrato, forse fin troppo modellato dai muscoli che si intravedono appena sull'addome e sulle spalle, ma quelle sono cose trascurabili. Sono alta all'incirca un metro e settanta. Non osate dirmi che sono bassa. Per la media femminile della mia dannatissima cittadina sono una delle più alte. Il peso ve lo potete anche scordare. Non ve lo dirò mai. Arrangiatevi a scoprirlo, sempre che voi riusciate ad avvicinarvi più del dovuto alla sottoscritta. Capelli decisamente castani, quasi tendenti al nero; abbastanza lunghi - forse fin troppo per un maschiaccio come me - e per niente dritti. Occhi neri. Nulla di più e nulla di meno. Che altro dirvi... Dato il mio secondo lavoro - sono un hunter, problemi a riguardo? - ho il corpo segnato, qua e là, dagli scontri fin troppo fuori dal comune che affronto ormai abitualmente.

Carattere: se mi aveste conosciuto anni fa, quando frequentavo ancora la scuola, mi avrebero descritto come una ragazza un po' solitaria, ma socievole. Allora, seppur avessi pochissimi amici, almeno sorridevo. Ora perché dovrei? Ho visto la mia vita devastarsi, i miei sogni infrangersi e la mia famiglia sgretolarsi come se nulla fosse. Perché diavolo dovrei sorridere? Ormai ho scordato come si fa con il cuore. So solamente sorridere forzato e per convenienza, sempre che le circostanze lo ritengano necessario.
Non sono mai stata una vera e propria ragazza prettamente femminile nemmeno da bambina. E certo. Nascere in una famiglia quasi completamente maschile rende dei veri e propri maschiacci, oltre a far crescere in se stessi un ego di dimensioni cosmiche.
Non sono mai stata una vera e propria testa calda, ma da quando ho visto morire i miei cari davanti ai miei occhi ho capito che dovevo imparare a mantenere il sangue freddo e lasciare libero quel mio io distruttivo che avevo tenuto represso per anni.
Ammetto di essere testarda, impulsiva e rivoluzionaria, ma ciò non toglie che sotto, ma veramente sotto, io sia fragile come un foglio di carta velina. Mi odio quando quel mio io interiore fuoriesce e ciò succede sempre e comunque nel maledettissimo giorno del mio compleanno.
Amo le uniche due cose che ho ereditato, rispettivamente, da mio padre e da mio zio: la Babylon e la Silent Force. Sono due armi da fuoco riconducibili a pistole. Entrambe hanno una catena allacciata al calce per permettere a chi le utilizza di poterle tenere agevolmente attaccate ai jeans, per esempio. La prima è un'arma per gliincontri ravvicinati, mentre la seconda ha un ampio raggio d'azione.
Oltre a ciò adoro il metal in generale, anche se, in quel genere musicale, preferisco i Metallica, i Nightwish, i Within Temptation e i Papa Roach. Che dirvi... Tale tipologia musicale mi rilassa, seppur ciò risulti alquanto improbabile per chiunque non l'ascolti.
Odio il non poter essere intervenuta per riuscire ad aiutare la mia famiglia nel momento del bisogno ed ho soltanto una paura: morire senza avere avuto la mia vendetta per i miei cari.

Abbigliamento: lo vedete anche da soli. Okay, okay. Frenate i bollori. Mai mi vedrete vestita procante o con tacchi vertiginosi. Io amo i miei anfibi e loro amano me. Una sorta di amore a prima vista, oserei fire. Per non parlare di tutto il resto, ossia jeans - che siano scoloriti, sgualciti, strappati o macchiati a me non importa. Basta che siano comodi e non diano più di tanto nell'occhio -, magliette varie e felpe io punto, come vi dicevo poc'anzi, alla comodità e al più totale anonimato. L'unica cosa che non cambia mai nel mio aspetto è la catena che porto sempre al collo - alla quale sono annesse due piastrine che appartenevano a mio padre, anni fa - e ad un braccialetto, anch'esso costituito da maglie metalliche - esso era di mio cugino. Fu l'unica cosa che mi lasciò prima di partire -.

Background: sono nata il 31 ottobre a Cabot Cove. Non ditemi che non sapete a che cosa diavolo è legata questa immonda cittadina campagnola. Su, gente! Chi non conosce quell'arzilla signora di mezza età meglio conosciuta come Signora in Giallo. Quanto la odio. Il solo vedere dei turisti adoranti che arrivavano in città per poi fotografare tutto mi mandava in bestia. Che cosa diavolo ci trovano di interessante in un mucchio di casette tutte uguali?! Mah... Ho frequentato la scuola e lì sono coinciati i guai. Non socializzavo per niente e i miei erano preoccupati per ciò. Allora non sapevo ancora del lavoro di mio padre - Ryan Luck -, di mia madre - Madeline Lee - e dei miei zii - Jason e Jordan Luck -. La cosa negativa di ciò, però, era che tutti in città lo sapevano. Finii la scuola e i miei decisero di farmi trasferire altrove con mio fratello Dylan e mio cugino Mark, entrambi più grandi della sottoscritta. Il Kansas sembrava fin troppo tranquillo e la vita laggiù era fin troppo calma fino a quando non ricevetti un pacco per posta celere direttamente a casa. Proveniva da Cabot Cove e la scrittura su quel pacco ben sigillato era fin troppo familiare: era quella di mia madre. Ricordo di averlo aperto come se stessi aprendo un regalo a Natale. Quando vidi il contenuto sbiancai. Perché mia madre mi aveva spedito una pistola argentata con un nome fint roppo pittoresco inciso sopra? La rigirai tra le mani per qualche istante prima di essere colta in flagrante da Mark, il quale, vedendo la pistola me la prese dalle mani e mi mandò a quel paese solamente per averla toccata. Continuavo a non capire. Dylan, una volta tornato dal lavoro - barista in un pub in città, come Mark e la sottoscritta - fece passare velocemente lo sguardo da nostro cugino a me. Mi raggiunse e lesse quella lettera, che la sottoscritta non aveva nemmeno notato, contenuta in quel pacco ancora ai miei piedi. Gli zii se ne erano andati. Andammo al funerale con Mark che voleva smuovere il mondo per avere vendetta di ciò. Allora fu la prima volta che piansi in vita mia. L'anno a seguire - nella stessa maledettissima data, ossia il 31 ottobre - la stessa dinamica, ma quella volta toccò a Ryan e Madeline. Eravamo rimasti solamente io, mio cugino e mio fratello con un'altra pistola laccata in argento dal nome strambo. Mark e Dylan mi introdussero al mestiere di hunter da quando venimmo additati come maledetti a Cabot Cove. Almeno in Kansas nessuno sapeva cosa facevamo di notte o quando chiedevamo un giorno al lavoro. Da allora ogni anno ci rechiamo a Cabot Cove per posare un mazzo di gerbere rosse per onorare i nostri cari, oltre a far crescere in noi l'istinto di ottenere vendetta per tutto ciò che l'inferno a mandato per distruggere la nostra famiglia. Con il passare del tempo Dylan incontrò una ragazza e si trasferì con lei in Canada. Chiama di tanto in tanto per sapere come ce la passiamo, ma non gli diciamo mai veramente quello che pensiamo. Lui ha abbandonato tutto e deve andare al diavolo e rimanerci. Mark, in compenso, era distrutto quanto me e, di certo, non era intenzionato a trovarsi una ragazza per sopperire a quel vuoto interiore che sentiva per la perdita dei suoi genitori. Rimanemmo, di conseguenza, solamente noi due a vivere insieme in quella piccola casetta di periferia del tutto anonima ove solamente il postino osava avvicinarsi. Qualche settimana a seguire Mark ricevette la chiamata di un amico fidato, se ne andò e non lo sentii più. Come minimo è morto, seppur io non abbia ricevuto qualcosa di lui come era successo per i miei genitori ed i miei zii.

Foto:

 
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~Lëuviah•
view post Posted on 27/6/2011, 13:10




Perfetta!!
Più tardi ti preparo tutto *-*
 
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view post Posted on 27/6/2011, 14:18
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WaaaH! *^*
GraSSie! <3
 
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~Lëuviah•
view post Posted on 28/6/2011, 10:12




Pronto *-*
 
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3 replies since 27/6/2011, 02:31   221 views
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